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Musica Online: evoluzioni di un settore in crisi di identità (e vendite)

30 gennaio 2008 - ore 14:40

Claudio Zamboni, Industry Leader Entertainment


Se i RadioHead hanno lanciato la prima iniziativa di vendita veramente innovativa già qualche mese fa, ormai quotidianamente leggiamo annunci e proclami sul nuovo modello vincente in grado di distribuire musica attraverso piattaforme digitali e di rappresentare il futuro paradigma nella distribuzione musicale online (web e mobile).
Solo negli scorsi giorni abbiamo assistito alla retromarcia - l'entusiasmo si contiene a fatica! - di Qtrax, servizio di download peer to peer "Free & Legal", che promette di rivoluzionare i modelli di distribuzione, grazie agli accordi con le principali major discografiche e la capacità di erogare pubblicità contestualmente al download della musica da parte degli utenti.
Al di là delle dichiarazioni che si susseguono ormai da tempo, è indubbio che l'inarrestabile decremento nella vendita dei CD e l'ascesa della distribuzione digitale stiano ridisegnando l'intera filiera di questa industry, richiedendo un ripensamento creativo del modello di business che inossidabilmente per anni ha dominato questo mercato.



Nell'ultimo numero di Wired (Gen 08) si può leggere un ottimo articolo di David Byrne, che analizza la criticità del momento ed esorta i colleghi musicisti a ripensare in maniera creativa al processo di generazione del valore, individuando sei modelli possibili nello scenario attuale, che vale la pena riportare in sintesi di seguito.

In linea generale i modelli vanno da una corrispondenza pressoché univoca tra le major e gli artisti, con forte accento sulla capacità industriale delle varie etichette di assistere l'artista nel corso della sua carriera (e conseguente limatura per l'artista del guadagno per unità venduta), a modelli che - in modo crescente - premiano l'indipendenza dell'artista in ogni singolo processo, dando maggiori capacità di guadagno per unità venduta, ma maggior rischio imprenditoriale e coinvolgimento assoluto nei singoli stadi della catena del valore.


Per riassumere:

1. Equity deal
L'etichetta cura tutti gli aspetti legati a processo creativo, registrazione, marketing, produzione, promozione e distribuzione del prodotto discografico. È il massimo livello di engagement per un artista e ne inficia la capacità di essere indipendente dal punto di vista creativo, ricompensato da contratti milionari e di lungo periodo.

2. Standard Deal
L'etichetta ancora una volta cura tutte le attività dell'artista, ma la relazione è meno intensa rispetto al "matrimonio" espresso dall'equity deal; l'artista viene ricompensato con le royalty su ogni vendita solamente dopo che le spese sostenute (anticipate) dall'etichetta sono state appianate. L'etichetta detiene il possesso dei diritti sulle produzioni in via permanente.

3. License Deal
Molto simile al modello precedente, tuttavia l'etichetta detiene i diritti di distribuzione solo per un numero limitato di anni, periodo dopo il quale l'artista torna il beneficiario di tutte le royalty.

4. Profit Sharing
C'è una condivisione dei costi e delle attività tra l'artista e la casa di produzione.

5. M&D Deal
All'etichetta rimane solamente la cura nelle fasi di produzione e distribuzione del prodotto.

6. Self Distribution
Ogni fase della filiera è in mano all'artista, che gode di una libertà creativa mai sperimentata rispetto agli ultimi decenni, ma con un fattore di rischio.

L'articolo sintetizza senza dubbio il sisma in atto nell'intera industry e testimonia la frammentazione dei modelli di business che hanno dominato fino ad oggi, senza regalare ricette definitive o fare proclami. Piuttosto, è uno spunto di riflessione di un visionario del mondo della musica, sulla base del quale assisteremo nei prossimi anni a numerose variazioni di stile.

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